Archivio tag: costume jewelry

Intervista di Dejavuteam ad Erika Zacchello: si parla di costume jewelry!

Vi appassiona il vintage? Se siete qui, sicuramente la risposta è si!

Condivido con voi l’intervista fattami da Ana Muraca per Dejavuteam… si parla del mio libro e di gioiello non prezioso!

Per leggere tutta l’intervista cliccate QUI … buona lettura!

EZ

SARAHCOV1

Lascia un commento

Archiviato in Il Libro

E’ Natale che albero! L’intervista di Collezionare.

E’ Natale, quindi perchè non condividere con voi questa intervista fattami dalla giornalista Domizia Dalia del mensile Collezionare?

Nell’intervista si parla di spille a forma di albero di Natale… buona lettura!

Erika

 

Tratto da Collezionre di dicembre 2012

 

E’ Natale che albero!

Per il collezionista: Christmas Costume Jewellery. VINTAGE Nel mondo del costume jewellery, in questo periodo, le coloratissime spille a forma di albero di Natale sono un classico.

 

● di Domizia Dalia 

Il vintage, come si sa, è molto di moda, e nel periodo natalizio le vetrine dei negozi che trattano questo genere, espongono idee regalo molto originali dal manicotto di pelliccia alla luccicante borsa da sera, dagli stravaganti occhiali tempestati di brillantini alla bigiotteria più scintillante. Proprio nel mondo del costume jewellery, in questo periodo, le coloratissime spille a forma di albero di Natale sono un classico. Ogni appassionato del settore ne possiede almeno una; addirittura alcuni collezionisti hanno concentrato il proprio interesse esclusivamente su queste creazioni realizzate con estrema maestria e ideate ogni anno dai designer più originali.
Erika Zacchello, giovanissima collezionista ed esperta di bijoux, ci racconta la storia di queste spille, che dagli anni Quaranta molte signore statunitensi amano appuntare sul proprio cappotto.

Erika, il mondo del costume jewellery è molto vasto e da sempre affascina moltissime donne. Oggi, c’è un grande ritorno dei bijoux vintage e l’attenzione cade spesso su quelli americani, come mai?
La bigiotteria, in realtà, nasce nell’Europa del Settecento, epoca in cui i nobili commissionavano copie dei propri gioielli da portare in viaggio, per non correre rischi in caso di furto. Nell’Ottocento molti artigiani europei, tra cui moltissimi italiani, emigravano negli Stati Uniti d’America e qui, in particolare a Providence nel Rhode Island, con l’abilità orafa europea, la produzione di bigiotteria raggiunge livelli altissimi e riscuote un enorme successo.
Durante la Seconda Guerra Mondiale – poi – a causa del blocco dei flussi d’informazione, si sviluppa un gusto peculiare che contraddistingue e identifica i costume jewellery americani.

Spille a forma di albero di Natale Spille a forma di albero di Natale Spille a forma di albero di Natale Spille a forma di albero di Natale Spille a forma di albero di Natale Spille a forma di albero di Natale
Tra i numerosi modelli su cui le grandi firme si specializzarono, ci sono anche le spille con soggetti natalizi, e in modo particolare mi riferisco a quelle a forma di albero di Natale. Quando scoppia il boom di questi oggetti, e qual è la loro storia?
Le spille ad albero di Natale, come in generale le spille a soggetto natalizio, sono una tradizione della cultura statunitense. Dagli anni Quaranta diventano un must per tutte le donne americane che indossavano questi bijoux colorati non soltanto per manifestare la loro partecipazione al Natale, ma anche per dimostrare la loro appartenenza al gruppo dei fedeli protestanti. Erano considerati, perciò, oggetti dal forte valore simbolico e anche per questo collezionati da molti. 

I modelli cambiavano di anno in anno, ogni designer si sbizzarriva nei diversi accostamenti di materiali e colori. Un occhio esperto come il suo può riconoscere a prima vista la mano del creatore? Quali erano i principali produttori e in cosa si distinguevano?
Come le accennavo, la spilla a forma di albero di Natale diventa un oggetto da collezionare e, per i designer, una sfida per ottenere modelli sempre più originali e d’effetto.
Dal 1940 al 1960 tutte le grandi firme di costume jewellery presentavano ogni anno la propria versione di questo albero festoso, ideando centinaia di Christmas Tree Pins – come vengono chiamate dagli americani – con forme, tecniche e colori differenti. Tra le più celebri posso citare: le spille di Stanley Hagler, che inizia la sua carriera con Miriam Haskell per poi fondare la sua azienda negli anni Cinquanta, con pendenti in vetro di Murano e madreperla; quelle di colore ghiaccio di Eisenberg, così come quelle multicolore e stilizzate in bachelite di Lea Stain.
Da lasciare senza fiato sono anche le creazioni natalizie di Larry Vbra, il designer di Brodway, noto per i suoi gioielli grandi, scenici e opulenti, in grado di stupire sempre.
Assolutamente un must have la spilla di Natale Dodds, un marchio molto raro e ricercato tra i collezionisti di costume jewellery, poiché rimase in produzione solo per una decina di anni, tra il 1950 e il 1960. Non possiamo dimenticare le spille natalizie firmate Trifari e gli alberelli Pell degli anni Sessanta, rifatti ancora oggi con gli stampi originali e con gli stessi materiali dell’epoca. Infine, le spille firmate JJ ricche d’ironia e di colore.

È chiaro che gran parte dei collezionisti di questo settore è americana. In Italia ce ne sono o lei è uno dei pochi esempi?
In realtà in Italia non sono così pochi come apparentemente può sembrare. Esiste un micro mondo fatto di appassionati, alla ricerca costante di pezzi da raccogliere, tra cui anche me!
Navigando on-line, basta digitare le parole giuste, per trovare questo genere di spille di vario tipo e prezzo, come fare per scegliere quelle giuste? Le quotazioni variano molto, vanno da pochi a centinaia di euro, che cosa porta ad avere una differenza così elevata?
I prezzi variano molto nei diversi Paesi. Nel mercato americano, per esempio, le spille Trifari sono meno costose rispetto all’Italia. Ovviamente il prezzo è determinato sia dalla domanda sia dalla rarità del bijoux. Alcuni marchi hanno fabbricato su larga scala, altri – avendo una produzione pressoché artigianale – hanno lanciato sul mercato un minor numero di pezzi e sono, quindi, più rari. Tendenzialmente i più costosi sono i bijoux che già allora era difficile trovare perché prodotti in minore quantità. Come collezionista consiglio per l’acquisto, di scegliere non solo in base alle quotazioni, ma soprattutto in base al proprio gusto personale; non stiamo parlando, infatti, di oggetti con un valore intrinseco, come potrebbe essere un gioiello in oro e pietre preziose, ma di bigiotteria che acquista un valore nel momento in cui è amata e indossata. 

Quali sono i pezzi più rari da trovare?
Sicuramente sono le spille ad albero di Natale firmate Miriam Haskell, Stanley Hagler, Larry Vbra ed Eisenberg.

Oltre a collezionarle, esiste ancora oggi la tradizione di indossarle nel periodo natalizio?
Certo, la tradizione della spilla di Natale vive ancora oggi; dal mese di dicembre, girando per le strade di New York, non è raro vedere appuntate sul bavero della giacca di signore di ogni età queste deliziose creazioni.

 

2 commenti

Archiviato in Cultura del Gioiello, Vintage

La firma Eisenberg: quando l’accessorio fà davvero l’abito!

Quello della costume jewelry è un mondo affascinante e molto suggestivo, perchè ricco di storie curiose ed aneddoti interresanti che sono tipici del mondo della moda.

Oggi vorrei iniziare un percorso che ci porterà a conoscere storia, curiosità ed aneddoti sulle firme della costume jewelry.

Quella della bigiotteria americana è una tradizione che si basa, oltre che su documentazione e materiali, anche su una forte tradizione orale portata avanti da chi ha vissuto nelle aziende, da chi ha lavorato nelle fabbriche o nel commercio di questo settore. Il mio invito è quindi…Teniamo viva questa cultura!

Ho pensato di iniziare con un marchio molto charmante e sofisticato: Eisenberg Original.

Abito firmato Eisenberg risalente agli anni '40

Abito firmato Eisenberg risalente agli anni '40

Nel 1914 la Eisenberg & Sons Original da vita alla propria produzione di ricercati abiti da donna, commercializzati nelle boutique e nei più esclusivi grandi magazzini degli Stati Uniti. Lo stile della firma raccoglie il consenso delle signore più raffinate, tant’è che sono proprio queste donne della classe sociale più abbiente, ad essere le più affezionate clienti di Eisenberg.

Abiti fantastici e di classe che, seguendo la moda parigina lanciata da Coco Chanel ed Elsa Schiaparelli, vengono decorati da gioielli di fantasia realizzati appositamente per la casa di moda: spille e clip dai cristalli color ghiaccio, create con i migliori vetri austriaci, decoravano sinuosi abiti da sera e da cocktail.

La popolarità di Eisenberg presto cresce e non solo per i suoi abiti! Nel 1935, i responsabili di un Grande Magazzino di Chicago, contattano Eisenberg per fargli presente che, ormai sempre più spesso, le clienti che si recavano nei negozi per provare gli abiti, sottraevano dai vestiti quei piccoli gioielli scintillanti che li decoravano! Ma perchè queste facoltose signore rubavano i gioielli invece di acquistarli? Semplice. Perchè questi affascinanti oggetti del desiderio non erano in vendita, ma venivano esclusivamente venduti assieme all’abito al quale erano abbinati.

Una serie di gioielli Eisenberg Ice abbinati ad un abito degli anni '30

Una serie di gioielli Eisenberg Ice abbinati ad un abito degli anni '30

Nasce così l’idea di mettere in produzione una vera e propria linea di costume jewelry di alta qualità con il marchio Eisenberg Ice; un nome curioso ed ironico, perchè il termine “ice” non si riferiva solamente alla pietra color ghiacco privilegiata dai desiger del marchio, ma anche perchè questa parolina, nello slang americano, faceva riferimento agli oggetti rubati!!!E’ da allora che le celebri spille firmate Eisenberg Originals, vengono commercializzate nelle lussuose scatole di velluto marchiate Eisenberg & Sons Original.

Ma chi era Jonas Eisenberg? Un imprenditore di origini austriache che, emigrato negli Stati Uniti nel 1880 apre a Chicago, la sua casa di produzione di abiti prêt-a-porter di qualità.
L’introduzione della linea di costume jewelry diventa per l’azienda una vera miniera d’oro tanto che, nel corso di alcuni anni, il gioiello diviene il prodotto trainante dell’azienda portando, nel 1958, alla cessazione della produzione di vestiti per dedicarsi esclusivamente all’accessorio.

Il nome Eisenberg è da subito sinonimo di qualità nel mondo della costume jewelry americana, grazie ai disegni raffinati, all’impiego delle migliori tecniche per la placcatura del metallo e dell’argento sterling, e all’utilizzo dei cristalli austriaci e delle pietre sintetiche più belle tra quelle disponibili sul mercato.

Topaz Quartz 1943 Vogue Magazine

Locandina pubblicitaria pubblicata su Vogue Americana nel 1943, in cui viene presentata una collezione Eisenberg con cristalli topazio

Il valore collezionistico di questi gioielli è oggi molto elevato e si aggira tra i 300 ed i 3000 Euro, a ragione della loro qualità ma anche della difficoltà di reperibiità sul mercato: chi ha la fortuna di possedere una spilla Eisenberg Original se la tiene ben stretta e non se la fa rubare!

E tu? Hai mai posseduto un’Eisenberg Ice? In che occasione è diventata tua? Parlami di lei!

Erika

Lascia un commento

Archiviato in Firme Vintage

La Spilla: la regina della costume jewelry

La spilla Adolph Katz per Coro

Celebre la spilla disegnata da Adolph Katz per Coro nel 1944

La Spilla

Perché parlare de la spilla come simbolo della costume jewelry americana?

Perché la spilla, dal 1850 al 1970 è diventata – e poi rimasta – l’indiscussa protagonista della bigiotteria, sia nello scenario europeo che in quello statunitense.

La spilla è in grado di “parlare” a chi l’osserva e di esprimere attraverso di sé un messaggio, più di quanto qualsiasi gioiello possa fare. Questa sua peculiarità è resa possibile dalle caratteristiche intrinseche del gioiello stesso: non avendo vincoli strutturali come ad esempio una collana, un anello ed un bracciale, può manifestarsi sotto qualsiasi foggia, dimensione, struttura.

Con la spilla non vi sono limiti di materiali ne tanto meno di forme e questo consente al designer di poter dare vita alla propria creatività nello studio e nell’ideazione disegni originali e per nulla scontanti.

E’ con gli anni ’40 che si realizza l’apice della creatività tra designer di successo della bigiotteria come Adolph Katz, Gene Verri e Alfred Philippe. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i contatti tra Europa ed America diventano sempre più limitati tanto da rendere difficile la circolazione delle riviste di moda: l’Europa – e nello specifico la Francia e l’Italia – che sino ad allora era stata il punto di riferimento per gli stilisti e i designer d’oltre Oceano, è difficilmente raggiungibile e non può più fungere da modello e da punto di riferimento.

Figurino anni '40 in una pubblicità di Miriam Haskell

Figurino anni ’40 in una pubblicità di Miriam Haskell

Come spesso accade le criticità hanno la potenzialità di trasformarsi in opportunità, ed è proprio questa opportunità che ci regalerà i migliori esempi di gioielleria americana, preziosa e non. L’isolamento dai modelli di riferimento e il contingentamento dei materiali quali ad esempio il metallo povero, darà l’occasione ai marchi del bijou di creare splendide spille in argento bagnato nell’oro, grandi ed appariscenti, ideali per adornare abiti semplici, lineari e spesso realizzati con tessuti grezzi e dai colori neutri.

La spilla negli anni ’40 diventa la “regina ” indiscussa della costume jewelry. Parla della donna che la indossa a chi la osserva. Lancia un messaggio, comunica il suo desiderio di femminilità anche nei momenti di difficoltà. Parla della sua volontà di manifestare il proprio status sociale, e comunica una sua specifica appartenenza ad un gruppo oppure la sua aderenza ad un ideale. E’ per questo motivo che, ad esempio, le donne americane cattoliche nel periodo di Natale possono riconoscersi a vicenda all’interno della collettività come membri dello stesso gruppo, indossando una spilla a forma di albero di Natale. Allo stesso modo, la spilla a soggetto patriottico,  può diventare un mezzo per dichiarare la propria vicinanza ai soldati impegnati nella seconda Guerra Mondiale.

Spilla patriottica americana, anni '40

Spilla patriottica americana, anni ’40

Spesso mi viene chiesto come mai la spilla non sia più di moda, e  la mia risposta è sempre: “ma non è vero che la spilla non è più di moda!”

Nelle collezioni di haute couture spesso un abito sarà accompagnato da la spilla in grado di catturare la luce dei riflettori. E’ molto differente dire che la spilla non sia più di moda piuttosto che la spilla non sia usata da tutte le donne. L’utilizzo di una spilla implica sicurmente, oggi, una certa volontà di osare e la voglia di comunicare qualcosa di sè.

Spilla Just Cavalli

Spilla firmata Just Cavalli

Se ben ci pensate la spilla, a differenza di un paio di orecchini o una collana, può essere indossata in diversi modi: sul bavero di una giacca, appuntata su un capello o sull’orlo di una gonna, come ciondolo di una collana o come fibia di una cintura.

Anche qui una regina: la regina della versatilità.

Ma tornando a noi… la spilla è di moda perchè la spilla detta la moda del gioiello. E’ la sua vezzosità, il suo essere “qualcosa in più” che la rende così particolare: è il dettaglio che fa la differenza e che trasforma un abito nell’abito.

Consiglio a tutti di provare ad indossare una spilla, magari una spilla vintage, con il suo fascino d’altri tempi scegliendola in base al proprio gusto e alle proprie attitudini: con le perle. con gli strass, le plastiche colorate o di legno.

E’ rischioso però. Le spille sono come le ciliegie… averne una non basta, se ne desidera subito un’altra!

Inizialmente forse sarà strano ed inconsueto per noi usarla, ma poi la spilla diventerà il nostro dettaglio, la nostra più cara amica.

Si sà, essere una regina non è da tutti, ma qualcuno dovrà pur assolvere a questo compito!

 

2 commenti

Archiviato in Cultura del Gioiello

Presentazione del Libro al Museo del Bijou di Casalmaggiore (CR)

Il 9 Aprile 2011, nell’ambito della Settimana della Cultura promossa dal Ministero dei Beni Culturali, si è tenuta al Museo del Bijou di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, la prima presentazione del mio Libro sul bijou americano.

Sicuramente non potevo sperare in una location migliore di questa, vista l’ambientazione suggestiva creata dalla posizione stessa del museo collocato sotto le volte del ‘700 del Collegio dei Barnabiti e dalla musica anni ’30 di sottofondo, suonata al piano dal vivo.

Museo del Bijou
Una sala del Museo del Bijou di Casalmaggiore

Ma perchè la scelta di questa location per la prima presentazione?

Semplicemente perchè nel mio libro, che parla anche del caso dell’Industria del Placcato Oro di Casalmaggiore e del suo Museo, il capitolo ad esso dedicato è come se fosse un punto d’arrivo dell’intera trattazione, la chiusura di un cerchio. E’ in questa manifestazione nostrana del “sogno americano” che riusciamo infatti a ritrovare le nostre origini e a capire come queste stesse origini siano state di fondamentale importanza per l’industria della bigiotteria negli Stati Uniti.

logo museo del bijouIl sogno americano nasce proprio in Europa, ed in Italia in particolar modo, con l’emigrazione di nostri conterranei negli USA i quali, una volta giunti nella Nuova Terra Promessa, realizzano il sogno di ricchezza e successo.

E chi rimane qui, nelle pianure cremonesi, realizza il suo sogno senza lasciare la propria terra, dando vita alla relatà industriale dell’oro matto, unica relatà nel suo genere, proprio com’è unico il Museo del Bijou, del quale vi invito a visitare il nuovo sito appena lanciato on line, ma anche il museo stesso, dove troverete un ambiente fatto di persone entusiaste del loro lavoro (prima tra tutte la conservatrice del museo, la Dott.ssa Letizia Frigerio), tante storie e tanta voglia di raccontarle… e con un po’ di fortuna, vi potrebbbe capitare di incontrare Paolo Zani, Presidente dell’Associazione Amici del Museo del Bijou che, nel 1983, inizia a lavorare assieme ad altre persone, legate alla storia del Fabbricone, alla nascita di quello che sarà il Museo del Bijou.

Posso confermare personalmente che questo entusiasmo e questa voglia di fare conoscere la propria storia è fortissima e coinvolgente, così come lo è stata la partecipazione alla presentazione dl mio libro alla quale hanno preso parte non solo i casalaschi ma anche persone curiose, collezionisti, amanti della cultura provenienti da altre città e regioni.

Se avete voglia di saperne di più sulla storia del museo e sulla sua collezione vi invito a leggere il capitolo dedicato nel mio libro e, nel frattempo, per tutti coloro che non hanno potuto esserci, regalo il video del back stage della presentazione che vi darà modo di curiosare tra le sale del museo e di vivere un po’ di quell’atmosfera magica che noi abbiamo vissuto!

Ringrazio tutti coloro che hanno presenziato e che hanno creduto in questa presentazione, primo tra tutti l’Assessore alla Cultura del Comune di Casalmaggiore.

E ovviamente un grazie speciale alla mia amica Letizia.

Buona visione!

Erika Zacchello

2 commenti

Archiviato in Eventi

Costume jewelry: vi presento il mio libro.

erika zacchello fotoCari tutti,

è con grande soddisfazione che oggi vi annuncio la pubblicazione del mio libro “Il bijou nel sogno americano – la cultura del gioiello non prezioso” e la nascita di questo nuovo blog.

Il libro vede la sua vera e propria nascita alla fine del dicembre 2010 e in questi quattro mesi ha fatto i suoi primi passi che, però, sono stati fondamentali a portarci sino a qui.

Di cosa parla il libro?

Il libro parla della costume jewelry, la bigiotteria americana, e nello specifico del suo impatto sociale, storico, comunicativo ed economico nella storia americana, evidenziando lo stretto collegamento con la realtà italiana.

Tra le pagine del libro sarà possibile capire quali siano le numerose sfaccettature di questo argomento e quanti e quali spunti di riflessione e studio possano da esso derivare. La mia formazione nel settore sociologico e della comunicazione mi ha portato a dare molta rilevanza al tema dell’impatto sociale del bijou, analizzando ad esempio il ruolo che questo ha avuto nell’emancipazione sociale della donna, ed allo steso tempo mi ha spinta a studiare come questo si sia manifestato attraverso le pagine pubblicitarie delle riviste americane d’epoca e nelle scene delle pellicole cinematografiche in cui le grandi dive primeggiavano.

Natalie Wood tstimonial

Natalie Wood testimonial della Coro Inc.

Nel libro emergerà il ruolo fondamentale degli italiani, sia analizzando come, una volta emigrati negli Stati Uniti alla ricerca di fortuna, abbiano utilizzato le loro conoscenze di abili orafi artigiani per creare importanti aziende produttrici di accessori in materiali non preziosi; sia analizzando un caso peculiare, ovvero quello dell’Industria del Placcato Oro di Casalmaggiore, in provincia di Cremona, che portò un’intera città a sviluppare la sua economia per settant’anni circa, attorno a questo tipo di produzione.

Accanto a nomi illustri della sociologia quali ad esempio Simmel, Crozier e Friedberg, troveremo i nomi più noti della bigiotteria americana quali Trifari, Coro, Kenneth Jay Lane, ma anche nomi collegati all’arte quali Savador Dalì ed Andy Warrol.

Lo scopo di questo blog è quello è quello di presentare il libro come parte di un’attività che mi coinvolge costantemente e che consiste nello studio e nella diffusione della cultura dell’accessorio, non solo dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista culturale, storico e collezionistico. Questo lavoro oggi è reso possibile anche attraverso il mio sito La Piccola Bottega delle Mervaiglie al quale mi dedico dal 2003 e alle attività che, sempre con maggior frequenza, verranno organizzate ovunque ci sarà la possibilità di farlo.

A tal proposito vi invito a registrarvi al sito per commentare, postare richieste, condividere informazioni e ricevere contenuti gratuiti sul tema della costume jewelry ed essere aggiornati sui prossimi eventi!

Presto potrete vedere il video girato in occasione della prima presentazione del libro al Museo del Bijou di Casalmaggiore.

miriam haskellA presto e buona lettura,

Erika Zacchello

 

2 commenti

Archiviato in Il Libro